Con sentenza n. 16570 depositata il 28 luglio 2011 la Corte di Cassazione ha stabilito che per gli accessi domiciliari dei verificatori presso l'abitazione del contribuente, utilizzata anche per lo svolgimento dell'attività di impresa, è necessaria l'autorizzazione del procuratore della Repubblica quando vi sia la possibilità di trasferire agevolmente i documenti dell'attività nei locali abitativi.
Nel caso in esame l’accesso effettuato dalla Guardia di Finanza non era stato autorizzato dal procuratore della Repubblica pertanto, sia l’accesso che gli atti consecutivi erano stati ritenuti invalidi e privi di effetto.
La Suprema Corte ha rilevato rilevato l’uso promiscuo del luogo in cui era avvenuta l’ispezione, il quale era contemporaneamente sede dell’impresa e con locali comunicanti, luogo di abitazione.
La giurisprudenza, già in tema di accertamento IVA (sent. n. 2444/2007), sostiene che la relativa destinazione “sussiste non soltanto nell'ipotesi in cui i medesimi ambienti siano contestualmente utilizzati per la vita familiare e per l’attività professionale, ma ogni qual volta l’agevole possibilità di comunicazione interna consenta il trasferimento dei documenti propri dell’attività commerciale nei locali abitativi” ed anche per tali casi, è sempre necessaria l’autorizzazione da parte della Procura.
Ricordiamo inoltre che, soltanto nelle ipotesi di acceso in locali “diversi”, in quanto solo abitativi, è necessario che vi sia la presenza di gravi indizi di violazioni tributarie, mentre per i locali a uso promiscuo non è richiesta tale condizione, ma semplicemente l’autorizzazione preventiva a tutela del diritto all'inviolabilità del domicilio privato.
Tornando al caso di specie pertanto, la Corte ha confermato le pronunce di merito dichiarando che si trattava di locali adibiti a uso promiscuo in considerazione della comprovata esistenza di punti comunicanti tra i locali destinati all'attività e l'abitazione della famiglia.