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29 aprile 2011

Demansionamento e aspettativa non retribuita: due interessanti sentenze dalla Cassazione

Il lavoratore adibito a nuove mansioni senza aver ricevuto alcuna formazione ha diritto al risarcimento del danno da dequalificazione. E' quanto ha stabilito la Corte di Cassazione con sentenza n.8527 del 14 aprile 2011 respingendo il ricorso di un'azienda che era stata condannata a risarcire un dipendente trasferito e al quale erano state affidate nuove mansioni (uso del pc senza formazione preventiva), "con disagio dovuto all'evidente e incolpevole imperizia" in quanto gravemente lesivo per la sua dignità e il suo prestigio professionale. In tal caso, la Suprema Corte ha stabilito che il giudice deve determinare il danno in via equitativa  "con processo logico - giuridico attinente alla formazione della prova, anche presuntiva, in base agli elementi di fatto relativi alla qualità e quantità della esperienza lavorativa pregressa al tipo di professionalità colpita, alla durata del demansionamento, all'esito finale della dequalificazione e alle altre circostanze del caso concreto".


La Sezione Lavoro della Corte di Cassazione, con sentenza n. 9346 del 26 aprile 2011, accogliendo il ricorso di un dipendente a cui era stato sospeso lo stipendio a causa del superamento del periodo di comporto, afferma che "a prescindere dalla computabilità o meno di talune assenze ai fini del computo del periodo di comporto (...), risulta precluso al datore di lavoro di collocare unilateralmente il dipendente in aspettativa non retribuita, essendo ciò in contrasto sia col principio della immodificabilità unilaterale delle condizioni del contratto di lavoro, con sospensione da parte del datore di lavoro dell'obbligazione retributiva sia, nel caso di specie, con la norma contrattuale collettiva di cui all'art. 18, comma 3, che espressamente prevede che l'aspettativa non retribuita può essere concessa solo su richiesta del lavoratore interessato". In altre parole, il datore di lavoro non può mai sospendere la retribuzione in attesa della richiesta di aspettativa da parte del dipendente, poiché ciò rappresenterebbe una scelta unilaterale, al contrario è sempre necessario il consenso del lavoratore. La Suprema Corte ha inoltre affermato che il danno non patrimoniale patito dal lavoratore non è automatico ma va dimostrata l'esistenza di un nesso di causalità fra l'inadempimento e il danno.