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12 aprile 2011

Licenziamento illegittimo se la contestazione è mutata

Il dipendente di una società, sottoposto a procedimento disciplinare con l'addebito di un ingiustificato "ammanco" di un certo quantitativo di merce semilavorata in oro, che avrebbe dovuto essere conservata in una cassetta di sicurezza di cui egli aveva la chiave, è stato successivamente licenziato con la motivazione di "furto all'azienda".
La Corte di Cassazione (Sezione Lavoro n. 6499 del 22 marzo 2011) ha evidenziato come l'addebito di "furto in azienda" formulato nella motivazione del licenziamento, non era presente nella comunicazione relativa al procedimento disciplinare, riferita all'ipotesi di "ammanco". Al fine di garantire l'effettivo diritto di difesa del lavoratore, è bene ricordare che nel nostro ordinamento vige il principio della cosiddetta "cristallizzazione dei motivi di licenziamento" vale a dire l'immutabilità della contestazione che preclude al datore di lavoro di far poi valere, a sostegno della legittimità del licenziamento disciplinare, circostanze nuove rispetto a quelle contestate, tali da implicare una diversa valutazione dell'infrazione disciplinare.
La possibilità di introdurre modificazioni dei fatti contestati può essere riconosciuta solo con riguardo a circostanze non significative rispetto alla fattispecie contestata che non configurino elementi integrativi di una diversa fattispecie di illecito disciplinare e non comportino dunque un pregiudizio alla difesa del lavoratore.